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CORNIGLIA


E' il borgo di mezzo; il più piccolo, il più elevato. Si sviluppa dalla sporgenza sul mare, a 90 m. di al­tezza, di un promontorio roccioso che fa contrafforte alla catena montuosa che corre quasi parallela alla costa, at-torno a una via stretta e tortuosa (via Serra e poi via Fieschi). Più all'interno la collina si abbassa leggermente e per breve tratto a formare quasi un dosso o una sella per poi risalire decisamente. La ferrovia corre in basso, verso il mare, all'inizio dello spiaggione lungo e stretto che por­ta in direzione di Manarola. Nella prima parte dello spiaggione c'è un villaggio turistico prefabbricato, che occupa la vecchia sede ferroviaria, un tempo più bassa e meno diritta di ora. Dalla stazione si sale al paese
camminando a monte della ferrovia e poi salendo una suggestiva sca­linata a zig-zag: sono 377 scalini, abbastanza distanziati tra loro. Una volta erano quanti i giorni dell'anno, poi ne furono aggiunti altri nell'ultimo tratto, all'inizio del paese. Chi ha un mezzo motorizzato sul posto pub arrivarvi lungo la breve rotabile che porta fin sulla piazzetta principa­le, sorta da poco proprio sul dosso della collina.Il nome di Corniglia non è altro che « Cornelia », no-me molto romano, che troviamo ancora intatto anche in documenti relativamente recenti. Potrebbe derivare da uno di quei coloni romani a cui Roma aveva affidato lo "ager lunensis" cioè la plaga di Luni.

Tra i numerosi resti del tempo medioevale primeggia la chiesa, dedicata a S. Pietro. Iniziata nel 1334, fu compiuta nel 1Corniglia351. Un'iscrizione gotica sopra il portale ne fa fede e ne attribuisce l'opera ai noti maestri di Campiglio (Pistoia), Matteo e Pietro. Pare sia lo stesso Matteo, lo scalpellino, autore della statua di S. Jacopo del duomo di Pistoia. La costruzione è perfettamente orientata, cioè in senso ovest-est ed è un ampliamento di una precedente piccola chiesa anteriore all'anno mille, come risulta dai resti che si vedono sulla fiancata settentrionale.

La facciata, che è rimasta la parte più interessante, è costruita con pietra locale. II cornicione è a denti di sega, sorretti da archetti ogivali tribolanti pensili e terminanti in beccatellucci scolpiti talvolta a testine di animali. Nella parte centrale, sopra l'entrata, primeggia il rosone, in marmo di Carrara ccn intagli vari e assai belli. Vi sono diver-si disegni tra gli intrecci degli archetti ed ogni lobo, men-tre ai centro di questa ruota è raffigurato un cervo dalle ramose corna, emblema parlante di Corniglia. All'interno la chiesa non presenta altre cose di rilievo, non equiparando certo la bellezza della facciata

Nella piazzetta principale del paese si affaccia la chie­sa oratorio, sede della Confraternita e dedicata alla presentazione di Maria e a S. Caterina: vi si nota una Presentazione di Maria al tempio e S. Giovanni Battista, sec. XVIII e una Pietà, sec. XVIII.

Tradizioni

Le più significative tradizioni furono sempre legate alla vita religiosa del paese.

Notiamo anche un piccolo residuo di una civiltà pagana nel fuoco acceso per la festa di S. Caterina da Genova. Si radunavano nei giorni precedenti tutte le sterpaglie e i tralci potati dalle viti, o altra legna e si ardeva con un gran falò sul piazzale della chiesa.

Altra tradizione, ormai scomparsa, era la « castigazione dei Giudei ». I ragazzi, nel pomeriggio del mercole­dì, giovedì e venerdì santo, prima dell' « Ufficio delle Tenebre », si radunavano sul sagrato, alla presenza del par-roco e del popolo: muniti di rami e foglie di palma per­cuotevano il suolo, sino a sfracellare la palma. La palma, segno di omaggio al « Re dei Giudei » diventava così segno di castigo per i persecutori del Cristo. Alla sera poi, al termine del « Mattutino » e delle « Lodi », cioè dell'Uffi­cio delle Tenebre, in chiesa, spente tutte le luci, si faceva gran strepito, con le mani, i piedi, sassi e bastoni, per indicare il terremoto avvenuto alla morte del Signore.

Alla sera del Giovedì Santo, prima della riforma litur­gica, il popolo si recava in processione, con torce e ceri, fino al colle delle « Tre Croci », davanti al paese dove termina l'oliveto. Anche per ricordare l'attesa del Signore nell'orto degli olivi.

Alla sera del Venerdì santo, dopo la « Via crucis », il popolo attraversa in processione il paese fino alla piaz­zetta di S. Maria, per ritornare in chiesa, sotto le luminarie, preparate dalla gente, quasi a voler fare della strada la dimora comune dei Cornigliesi.


Proverbi Locali

A lengua a nou gh'a d'ossa, ma a faa roumpì grosse
trad.
La lingua non ha ossa, ma fa romper l'ossa.



 
 
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